Apologia di Socrate | Platone

Oggi vi porto una lettura che mi era stata commissionata a scuola, ma che mi ha colpita così tanto da farmi decidere di condividerla con tutti voi su questo mio piccolo angolo di internet.

“Apologia di Socrate” è uno dei primi scritti del filosofo, risalente all’età giovanile (circa tra 399 e 388 ac) dedicata la maestro Socrate. In questo breve testo di una trentina di pagine l’autore narra in maniera dettagliata il processo al grande personaggio. Socrate all’età di settant’anni si trova per la prima volta in tribunale e decide, col suo modo di parlare tipico di tutti i giorni e senza adulazioni ai giurati, di difendersi dalle accuse di corruzione di giovani menti, comportamento sofistico, empietà e non rispetto delle leggi. Si trova a dover fronteggiare quelli che sono i due grandi accusatori: i vecchi accusatori (di cui non vengono riportati i nomi, a loro sono dovute le dicerie che rincorrono il personaggio di Socrate) e Pericle considerato tra i nuovi accusatori. Cercando di dimostrare la veridicità di quanto rivelatogli dall’oracolo di Delfi si reca in giro per la città parlando con poeti, artigiani e politici alla ricerca di qualcuno più intelligente di lui. Questa attività è tra quelle che maggiormente porta alla sua accusa perché dimostrare che chi si crede sapiente non lo è scatena molte inimicizie. Seguono altre dimostrazioni di innocenza che lo scagionano. Per esempio parla di come la propria povertà sia prova del fatto che le azioni di cui è accusato non siano vere altrimenti ne avrebbe tratto guadagno. Oppure, per quanto riguarda il non rispetto della legge, trovandosi lì davanti agli ateniesi e non essendo fuggito, pur avendo molti seguaci disposti a sostenere i costi economici della sua fuga dimostra il suo interesse verso la legge e la sua richiesta di un giusto processo, indipendentemente dal rischio corso (che era, appunto, la vita stessa). Nonostante questo viene emesso un verdetto sfavorevole e Socrate è condannato a morte bevendo la cicuta.

Per tutta la narrazione percepiamo un Socrate molto ironico e provocatorio, traspare soprattutto la consapevolezza della propria fama e di come questa si propagherà nel tempo (SPOILER: basti pensare che nella parte finale dichiara pubblicamente che i giurati passeranno alla storia come coloro che hanno condannato un innocente).

E’ molto interessante come Socrate non cerchi la salvezza ma la giustizia: sa benissimo che le motivazioni mosse per difendersi sono insufficienti anche se giuste, non cercando la pena dei giurati e non comportandosi come di consueto accadeva durante i processi firma la propria condanna. Nonostante ciò, grazie a Platone, noi conserviamo un testo così potente ed espressivo che ha consolidato l’immagine storica di Socrate come la condanna di un innocente.

Affronta la morte in maniera molto positiva e razionale (devo dire che ho trovato questa cosa molto affascinante). Socrate non ha paura di morire, al contrario vede la fine della propria vota come la trasmissione dell’anima in un altro luogo a lui sconosciuto, ma indubbiamente migliore della vita che avrebbe condotto sulla terra fuggendo e smettendo di compiere il volere dell’oracolo. E’ incredibile come lui non tema minimamente la morte, cosa che tutt’oggi ci fa paura.

Un aspetto supplementare, ma da non considerarsi marginale è la grande quantità di informazioni sugli usi e costumi dell’Atene contemporanea a Socrate. Vi invito a leggerlo anche se non avete nozioni di filosofia proprio per questo motivo, non è un testo complicato, ma nella sua brevità riesce a creare uno scorcio immenso su un periodo storico molto lontano. Soprattutto perché spesso si va a lodare quella che era la Polis greca, come un esempio di governo molto funzionante ed in realtà possiamo vedere come moltissime cose al tempo fossero ingiuste.

Caterina

2 pensieri su “Apologia di Socrate | Platone

  1. Già, la polis greca in quanto governo democratico, … vista da Platone, che era di stirpe aristocratica.
    Per la giustizia in senso democratico, consiglio il dialogo Protagora, in cui Protagora finisce per sostenere che la giustizia e’ relativa all’utile che al momento giova alla polis; mentre Socrate finisce per sostenere che esiste una giustizia in sé e per sé cui l’uomo dovrebbe adeguarsi, in quanto espressione di archetipo dell’anima.
    Il bello del dialogo Protagora è che i due contendenti partono sostenendo le opinioni esattamente opposte: Socrate sostiene che la giustizia è relativa alla polis in cui si esercita, mentre Protagora ribadisce invece che è l’uomo a stabilire il criterio di giustizia. 🙂
    Grazie per il suo interessante articolo. 🙂

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a cormi57 Cancella risposta