L’ultimo giorno di un condannato a morte – V. Hugo

Hey readers,

oggi vi parlo di un romanzo breve, letteralmente un concentrato di valori capace di far riflettere in una maniera indescrivibile.

“L’ultimo giorno di un condannato a morte” è un romanzo sotto forma di diario che racconta gli ultimi giorni di vita di un uomo. Il testo è ambientato nel 1800 ed è una forte critica alla condanna a morte. Si compone di tre parti: l’introduzione, un piccolo monologo teatrale e il diario. L’introduzione è scritta dall’autore stesso, racconta la storia della ghigliottina e dei boia, parla di alcuni episodi in cui si è rivelata atroce (quando i condannati ricevevano molti colpi ma continuavano a “sopravvivere”), è la parte del libro che si compone di una critica più evidente e dove viene direttamente espressa l’opinione di Hugo. Il monologo teatrale è ambientato in un salotto dove, tra i vari argomenti di conversazione, si arriva a parlare del libro stesso e (a mio parere) serve ad incorniciare come al suo tempo sarebbe stata percepita l’uscita del testo. Il diario parla di tutte le varie fasi della condanna (il processo, il carcere, gli spostamenti, la forca,…) e racchiude tutti i pensieri che possiamo immaginarci popolino la mente di una persona che sta per morire.

Ho trovato la lettura commovente e ho riflettuto molto sulle pagine che ho sfogliato.

Ho apprezzato moltissimo che l’autore faccia una critica così forte e discordante con le idee diffuse tra la gente del suo tempo perché, soprattutto per il periodo storico in cui è vissuto, non è una cosa da niente!

La prima parte è inizialmente un po difficile da digerire, è ricchissimo di informazioni storiche e critiche sociali; mi sentirei di definirla la parte più densa del racconto, ma vi sconsiglio di saltarla perché contestualizza quello che poi andrete a leggere dopo.

Riassumendo velocemente le mie impressioni è una piccolo gioiello brevissimo ma altrettanto formativo, un ottimo modo per approcciarsi a un grande autore che inizialmente può spaventare!

Caterina

Pubblicità

Storia di una capinera | G. Verga

Hey readers,

oggi vi porto un autore che è una pietra miliare della letteratura italiana, uno dei maggiori rappresentanti del Verismo italiano… Giovanni Verga. Visto che non ero molto sicura di apprezzare il genere sono partita da una delle opere più brevi, ma vi assicuro che non è un testo banale o leggero!

“Storia di una capinera” è una raccolta di lettere della giovane Maria. La vita della nostra protagonista è segnata da una delle peggiori sciagure del suo tempo: il padre non ha i soldi necessari per la dote. L’unica soluzione per sopravvivere e mantenere l’onore della famiglia (il padre infatti si è risposato, con la nuova moglie ha avuto un figlio e una figlia //risposandosi ha la possibilità di pagare la dote della secondogenita con quella della nuova consorte//) è quello di farsi suora. Maria non avrebbe mai sofferto di questa cosa se nel 1854 non ci fosse stata la peste a Catania, che aveva costretto le future suore a tornare nelle campagne al riparo con le loro famiglie. Uscendo dalle rigide mura ecclesiastiche la ragazza scopre l’affetto della famiglia e l’amore, a cui però dovrà imparare (o quanto meno lottare per riuscirci) a fare a meno perché il suo destino è segnato ed inevitabile.

Trovo ottimale la narrazione attraverso le lettere all’amica e compagna di studi (ma non compagna di sorte) perché evidenzia i sentimenti e le sensazioni in maniera ancora più netta.

Ho apprezzato moltissimo la parte iniziale in cui viene spiegato il motivo del titolo: una sorta di paragone tra Maria e una povera capinera tormentata dai suoi giovani proprietari.

Traendo le mie conclusioni dovete assolutamente leggere questo libro, è veramente breve, ma importante per la formazione dell’individuo… NON AVETE SCUSE!

Caterina