Il malinteso – I. Némirovsky

Hey readers,

Ritorno sui vostri schermi parlandovi di un libro che mi è stato regalato e che sono davvero felice di aver letto; Irene Némirovsky è un’autrice di cui da molto tempo desideravo leggere qualcosa….

“Il malinteso” è un romanzo breve, ma intenso. “L’amore, mia cara, è un sentimento di lusso!”: questo cerca di spiegare una madre che ha molto vissuto (e che dalla vita ha imparato una grande lezione: “Dare pochissimo e pretendere ancora meno”) alla figlia innamorata e infelice. Ma lei, Denise, non lo capisce: quando suo marito glielo ha presentato sulla spiaggia di Hendaye, Yves le è apparso come un giovanotto elegante, raffinato, di bell’aspetto; e poiché alloggiava nel suo stesso albergo, ha creduto che fosse ricco quanto l’uomo che ha sposato, e a cui la lega un affetto tiepido e un po’ annoiato. Poi il marito è stato richiamato a Londra da affari urgenti, e quelle giornate di settembre “piene e dorate ” sono state come un sogno: la scoperta della reciproca attrazione, le passeggiate, le notti d’amore. Il ritorno a Parigi ha significato anche un brusco ritorno alla realtà: no, Yves non è ricco, tornato dal fronte si è reso conto di aver perduto tutto, ed è stato costretto (lui, cresciuto in un mondo in cui “c’erano ancora persone che potevano permettersi di non fare niente”) a trovare un impiego che lo avvilisce e lo mortifica. In questa cronaca di un amore sghembo, in cui si fronteggiano due inconsapevoli egoismi, la giovanissima Irène Némirovsky sfodera già il suo sguardo acuminato e una perfetta padronanza della tecnica narrativa.

Questo libro è stato quello che definirei il libro giusto al momento giusto… mi sono ritrovata molto nelle parole e nella narrazione di Irène.

Ho trovato questa storia immensamente realistica e attuale: pur essendo ambientata in epoca passata una tematica come un “amore difficile” legato a un adulterio è ancora oggi molto comune, i matrimoni di interesse non sono completamente scomparsi e, anche quelli più stabili, possono andare in crisi davanti a un vero grande e sconvolgente amore.

E’ interessante la doppia visione che possiamo cogliere, l’autrice infatti non si focalizza sul punto di vista di uno solo degli amanti, ma bensì tratta la storia come un alternarsi dei loro punti di vista. E’ interessante come sia riuscita a empatizzare a tal punto con due personaggi diametralmente opposti che al contempo hanno così tanto in comune.

ALLERTA SPOILER: ho trovato il finale struggente perchè, proprio come dice il titolo, la rottura di questo grande sentimento è da imputare a un malinteso, o meglio, a una serie di incomprensioni e differenze che caratterizzano la vita dei due amanti e culminano nella loro triste separazione. Mi ha molto colpita l’ultima pagina in cui la protagonista femminile realizza di essere stata felice per mesi senza essersene mai resa conto (l’ho trovata maledettamente toccante e condivisibile).

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La strega e il capitano | L. Sciascia

Hey readers,

dopo un considerevole blocco del lettore torno sui vostri schermi parlano di uno dei miei autori preferiti, ossia Sciascia!

“La strega e il capitano” è un romanzo breve di Leonardo Sciascia. Inizialmente apparso a puntate sul Corriere della Sera, fu poi raccolto in volume e pubblicato da Adelphi. Sciascia ricostruisce la vicenda di Caterina Medici, condannata al rogo nel 1617 per stregoneria, il cui processo viene citato da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi e in Storia della colonna infame. La storia inizia nel dicembre 1616 quando Luigi Melzi, senatore del Ducato di Milano, comincia ad accusare forti dolori allo stomaco che i suoi medici non riescono a guarire: si comincia pertanto a pensare che il senatore sia soggetto al maleficio di una strega. Il capitan Vacallo, amico del Melzi, accusa subito la serva Caterina, che prima di trovarsi a servizio dal senatore era cameriera in casa sua; Sciascia ne approfitta per sciogliere un equivoco in cui molti autori (Manzoni compreso) sono caduti: dalle carte del processo risulterebbe che, secondo il Vacallo, Caterina lo aveva sedotto con le proprie arti magiche per giacere con lui e concepire ben due figli; in realtà le serve del Vacallo di nome Caterina erano due, una più vecchia (la Medici) e una più giovane, con la quale il capitano avrebbe avuto due figli prima di allontanarla. Il Vacallo, però, accusa Caterina Medici di aver insegnato all’altra le arti stregonesche allo scopo di sedurlo.

Questo testo, che a mio parere rientra nel genere del saggio, mi ha attratta sin da subito per le sue tematiche. Ritengo che sia importante conoscere quelli che sono i fatti legati alle “accuse di stregoneria” dei secoli passati perché è importante a livello antropologico capire quali erano i fattori scatenanti che portavano le persone ad accusare una donna di compiere atti magici-malefici aiutata dal diavolo. Nel caso di Caterina, infatti, non erano molto fondati, oltre all’errore di persona che Sciascia riesce a dimostrare (portando giustizia in nome della condannata) abbiamo le torture e la necessità di accondiscendere gli inquisitori come unica vera prova di “reato”.

Questa vicenda mi ha ricordato molto “La Chimera”, il libro di Sebastiano Vassalli di cui abbiamo parlato l’anno scorso. Mi tocca sempre molto quello che lo stigma sociale che porta all’accusa.

Mi ha interessata molto anche tutto l’intreccio e lo scambio di persona, un aspetto caratteristico del libro che Sciascia riesce finalmente a spiegare dimostrando ulteriormente l’ingiustizia di cui è vittima Caterina Medici.

L’unica nota negativa che mi sento di sottolineare è che non è una lettura facilissima. Sciascia ha solitamente una prosa molto scorrevole e di facile comprensione, ma date le molteplici citazioni riportate letteralmente e la complessità stessa delle tematiche trattate, non mi sento di consigliarlo a tutti. Nel complesso, se siete disposti a fare un po’ di fatica nel seguire le dinamiche, è un testo che merita attenzione!

– Caterina

Memè Scianca | R. Calasso

Hey readers,

oggi parliamo di uno dei libri più chiacchierati dell’ultimo periodo!

“Memè Scianca” è un percorso di vita tra le grandi personalità del ‘900. Un padre racconta ai figli, che glielo hanno chiesto, quello che ricorda dei suoi primi dodici anni, di cui loro non sanno quasi nulla. Storie troppo remote, pensa. Che differenza poteva esserci, in fondo, ai loro occhi, fra Firenze durante la guerra, dove era cresciuto, e per esempio la steppa dell’Oltre caucaso di Florenskij, alla fine dell’Ottocento? Non molta. Apparteneva tutto a quell’età incerta e fumosa che precedeva la loro nascita. E poi, da dove cominciare? La prima immagine della guerra, intravista dalla finestra di una soffitta clandestina nel centro di Firenze. La vecchia villa di San Domenico, dove un mattino, a seguito dell’assassinio di Giovanni Gentile, suo padre viene arrestato come pericoloso antifascista. Il polverio che sale dalle macerie di Por Santa Maria, subito dopo che i tedeschi hanno fatto saltare i ponti. Poi i giochi – e i libri che impercettibilmente ne prendono il posto. L’immersione nella letteratura e la scoperta della musica. E Firenze, quella Firenze degli anni subito dopo la guerra, separata da tutto, anche dal resto dell’Italia. Una lastra impenetrabile e trasparente confermava quella convinzione della città di essere a parte. E un giorno, forse anche prima di saper leggere, chi scrive dichiara che il suo vero nome è Memè Scianca.

Questo libro, insieme a Bobi, è stato l’ultimo tributo lasciato dall’autore al mondo della letteratura. I due testi sono usciti, infatti, il giorno successivo a quello in cui questo nobile autore ci ha lasciati. Ci tengo a precisare che dal degno lavoro di quest’uomo nacque anche la grande casa editrice Adelphi (come sapete una delle mie preferite).

Leggendo queste pagine è facile dedurre come l’autore sia diventato la persona che tutti noi conosciamo, come sia cresciuto in un ambiente intriso di cultura, ma soprattutto di ideali. E’ proprio l’esempio di ideali di libertà che sin da bambino apprende da tutti gli adulti che lo circondano che hanno forgiato una personalità così di spicco.

Sarò sincera, il fatto che l’autore abbia trascorso l’infanzia nella mia amata Firenze è stato il principale motore che mi ha indirizzata a scegliere questo volume anziché altri sullo stesso scaffale (ossia la top 10 della Feltrinelli). Io sono un’amante di Firenze, a dirla tutta sono completamente innamorata di questa città e in questo libro, oltre ai tributi architettonici, ho trovato molti accenni a persone, movimenti culturali, letteralmente all’aria che hanno caratterizzato questa città. Se posso dare un consiglio spassionato vi invito a leggervene qualche passaggio recandovi nei luoghi a cui fa riferimento… così questo racconto sembrerà ancora più reale!

Traendo delle conclusioni ve lo consiglio assolutamente e magari prossimamente recupererò Bobi o qualsiasi altro suo scritto e ci troveremo ancora su questo link a parlarne!

Caterina

Stranalandia | S. Benni

Hey readers,

oggi portiamo un mio nuovo ed entusiasmante articolo su Stefano Benni (Bar Sport e Il bar sotto il mare)

“Stranalandia” è un un’interessante raccolta di animali. Il 15 giugno 1906, una nave fa naufragio durante una tempesta e gli unici superstiti sono i professori Achilles Kunbertus e Stephen Lupus, docenti di zoologia presso l’Università di Edimburgo, i quali, navigando su una scrivania di noce, mangiando gomma di matita e bevendo acqua piovana, approdano su un’isola ignota a tutti, popolata da animali stranissimi come il Cockeruth, il Pescemobile, il Gorilla Vaichesei, il Leometra e tanti altri. Questa isola, poi battezzata Stranalandia, è abitata da un solo indigeno, Osvaldo e quasi tutto prende nome da lui; poi ci sono tre sirene: Maria Delfina, Maria Balena e Mariovalda, rispettivamente la moglie, la suocera e la figlia di Osvaldo. Quando i due professori tornano in Scozia, non vengono creduti e molti provano a capire dove Stranalandia sia ubicata geograficamente, senza raggiungere nessun risultato. Nel libro, oltre ai fantasiosi animali (con i corrispettivi nomi scientifici) sono presenti anche descrizioni di alcuni cibi particolari stranalandesi, una leggenda sulle origini di Stranalandia e varie nozioni di lingua stranalandese. Nella finzione letteraria, quello rinvenuto è il secondo di tre volumi compilati dai professori Kunbertus e Lupus.

Tutto il libro si concentra appunto sulle fantasiose e colorate descrizioni di animali fantastici e bizzarri, la caratteristica principale che li distingue sono dei tratti tipicamente umani (come comportamenti e abitudini) che costituiscono la loro natura.

Il personaggio che ho preferito in assoluto è l’Osvaldo, ossia l’unico non-animale dell’isola a cui qualsiasi misurazione fa rifermento (es. alto un Osvaldo e mezzo)!

Si tratta di una raccolta divertente e scorrevole, molto veloce da leggere e facile da seguire anche in momenti di bassa attenzione.

Caterina

Nudi e crudi | A. Bennett

Hey readers,

oggi parliamo della mia prima lettura di Alan Bennett, un altro grande autore di cui ho fatto conoscenza grazie a ReadVlogRepeat!

“Nudi e Crudi” è un romanzo che colpisce. Trovare la casa svaligiata dai ladri è senza dubbio un evento sinistro. Ma se spariscono anche la moquette, il rotolo della carta igienica, il forno e l’arrosto che attendeva lo scatto del timer, è palese che non può trattarsi di un semplice furto. E l’allibita vittima – in questo caso un avvocato londinese agiato e pedante – ha tutto il diritto di pensare a una beffa del destino, o a una nuova formula, certo piuttosto radicale, di candid camera. Travolti da una realtà truce e demenziale, l’avvocato e la sua spenta consorte si trovano ad affrontare un rompicapo di comica suspense, dal quale schizzano fuori, come da una scatola a sorpresa, colpi di scena turbinosi. Questo racconto suscita una reazione pressoché unica nella letteratura degli ultimi anni: una ilarità che assale sin dalle prime righe – e quanto più si procede, tanto più essa si mescola con la percezione di una inquietante perfidia.

Questo è senza ombra di dubbio un libro perfetto per riflettere ampiamente sull’eccessiva necessità di beni materiali su cui si basa la nostra società, quando i protagonisti si ritrovano nell’appartamento vuoto riscoprono quali sono le loro effettive necessità ed acquistano un mobilio più semplice. Inoltre possiamo anche soffermarci sul cambiamento che gli eventi scatenano o meno nei personaggi e come queste influiscano successivamente sulle loro vite.

L’umorismo con cui si condisce la storia ha delle note abbastanza amare, è un umorismo all’inglese – non sempre facile da capire, ma abbastanza intrigante!

Trovo che la scelta dei personaggi; ossia una coppia abbastanza infelice che non ha mia sviluppato un vero e proprio legame, sia una critica velata mossa verso quella parte della società inglese. Soprattutto Mr Ransome è il classico uomo distaccato che nutre la propria esistenza unicamente di lavoro, che si mostra ostile verso le nuove invenzioni e verso la novità in generale, un uomo incapace di integrarsi realmente col mondo, congelato nelle proprie abitudini.

Caterina

Daddy | E. Cline

hey readers,

oggi parliamo della mia prima lettura dell’autrice Emma Cline di cui ho sentito moltissime volte tessere le lodi da ReadVlogRepat. Con questo testo partecipo all’ultima tappa del #gdldeibuonipropositi organizzato da @senzacensurabooks che consiste in un romanzo breve (piccola eccezione con piccoli romanzi brevi riuniti ahahah).

“Daddy” è una raccolta di racconti. Una famiglia perfetta, forse troppo, si riunisce per il Natale sotto lo sguardo di un padre pieno di colpe. Una commessa decide di vendere la propria biancheria intima su Internet per fare qualche soldo. Un uomo scopre quanto suo figlio può essere crudele. Una baby-sitter provoca uno scandalo e capisce che ama essere al centro dell’attenzione. Una sex addict prova a sedurre un celebre chef televisivo accusato di molestie. Un libro magistrale e provocatorio in cui il desiderio si fa ossessione, il sesso un’arma, la giovinezza un’esca. Al centro, padri e maschi inadeguati, inetti, perduti, quasi sempre colpevoli nelle complicate relazioni tra uomini e donne, genitori e figli. Dopo il successo de Le ragazze, un’opera tesissima e meravigliosa, che conferma l’impressionante capacità di Emma Cline di immergerci in un mondo vibrante di umanità e ferocia.

Una serie di storie molto interessanti, sono variegate e ben strutturate; alcune mi hanno colpita più di altre, ma per riuscire a coinvolgermi con dei racconti l’autrice dimostra di avere una grande competenza e capacità narrativa!

Le mie storie preferite sono Marion, Los Angeles e Arcadia; mi hanno colpita perché raccontano delle realtà marginali e poco trattate, è proprio per questo mi hanno trascinata nella lettura anche se ero sulle calde spiagge salentine (accuserò Emma Cline di avermi privato di qualche bagno con questo libro).

Caterina

Shining | S. King

Hey readers,

come potevamo non parlare di uno dei più grandi libri di Stephen King? Eccovi qui il maestoso libro!

“Shining” è uno dei re indiscussi dell’horror. Ci troviamo all’Hoverlock Hotel, un maestoso albergo, che domina le alte montagne del Colorado e situato a 65 chilometri dal più vicino centro abitato. Qui, Jack Torrance, ex insegnante disoccupato con problemi di rabbia e alcolismo si trova ad assumere il ruolo di guardiano nel periodo di inattività della struttura, ossia l’inverno quando l’albergo si circonda di neve e rimane completamente isolato dal resto del mondo. Con lui ci sono la dolce Wendy, sua moglie e il figlioletto Danny di appena cinque anni. E’ proprio intorno allo sveglio bambino che tutte le forse sovrannaturali e i fantasmi che popolano l’Hoverlock si direzionano. Danny, infatti, possiede quella capacità che nel testo originale è definita “shining” ossia il potere di percepire squarci di futuro, ma soprattutto di passato; ed è proprio il passato della struttura che molto velocemente inizierà a bussare alla mente del bambino, servendosi del padre (che a sua volta possiede un piccolo “shining“) per appropriarsi di questa forza. Danny però dovrà farcela da solo, aiutandosi con il sostegno inizialmente scettico della madre, con le visioni date dal suo amico-immaginario Tony e con i consigli del cuoco dell’albergo, che non appena arrivato ha sentito i suoi poteri.

Una nota immensamente interessante è la storia dell’Hoverlock, un albergo che nell’ambientazione del libro ha appena una settantina/sessantina di anni racchiude nelle sue pareti una marea di ricordi e di eventi che ricostruiscono la realtà americana. Ad essere sincera i “fantasmi” che lo popolano sono una delle cose che mi ha incuriosita di più.

Tocca anche molte tematiche che possiamo definire attuali. Una tra tutte l’alcolismo, un problema di cui non è comune sentire parlare e che viene spesso sottovalutato. E’ interessante perchè tratta tutto quello che è il processo e i fattori che portano alla dipendenza, per non parlare di tutte quelle che sono le difficoltà per uscirne, molto bello!

I personaggi che ho più apprezzato sono Wendy e Dick (il cuoco). La prima pur apparendo fragile e spaventata cerca in ogni modo di farsi forza e lotta con tutte le sue forze, prima per mantenere a galla il suo matrimonio e poi per salvare suo figlio. Il secondo è un personaggio buono e amichevole che cerca in ogni modo di aiutare il bambino a gestire quelle che sono pressioni troppo forti per un bambino.

L’unica nota negativa sono le descrizioni – ovviamente necessarie – ma che rallentano troppo la lettura e talvolta fanno scivolare via la paura che si instaura nel lettore. Pensavo, infatti, che il manoscritto fosse perfettamente descritto per trarne il film perfetto che dimezzando i tempi avrebbe aumentato l’ansia, proprio per questo i cambiamenti di Kubrick mi hanno un po’ delusa.

Caterina

Nel mare ci sono i coccodrilli | F. Geda – storia vera di Enaiatollah Akbari

Hey readers,

oggi parliamo di una delle mie letture scolastiche di quest’estate!

“Nel mare ci sono i coccodrilli è la storia vera, o meglio la vera odissea di Enaiatollah Akbari che lo ha portato da Nava (Afghanistan) a Torino. Il viaggio di Enaiat si apre a Quetta in Pakistan, quando la madre lo accompagna oltre confine e lì lo abbandona, sperando in una vita migliore per lui lontano dai talebani. Pur essendo giovanissimo il nostro protagonista si rimbocca le maniche, inizialmente lavora come tuttofare per il proprietario della struttura in cui la madre lo aveva lasciato. Proprio in una delle tante commissioni un commerciante presso cui consegnava il tè lo invita a lavorare per lui come venditore ambulante insieme ad altri ragazzini. Durante questo periodo fa conoscenza con Sufi, anche lui afghano di etnia hazara e, successivamente, i due decidono di partire come immigrati clandestini in Iran. Lì, inizieranno a lavorare con un gruppo di muratori che vivono illegalmente nei cantieri su cui operano. In Iran, però, la vita è molto difficile, visti i continui rimpatri dei clandestini. Per questo motivo si orienterà verso la Turchia, anche se il suo viaggio non si fermerà certo lì.

Pensare che questa storia sia vera e che, effettivamente, un bambino così piccolo sia stato capace di sopravvivere così a lungo mi fa venire la pelle d’oca! E’ un libro toccante, a tratti commovente che coinvolge molto il lettore, infatti sono riuscita a leggerlo in meno di 24h.

Un piccolo appunto sul finale (senza fare spoiler): è immensamente toccante quello che leggiamo alla fine del libro, come un piccolo tocco di magia alla fine di un incubo!

Una nota molto dolce sono le persone generose che, senza conoscere Enaiat, gli donano aiuto e ristoro. Questi episodi sono riportati con grande riconoscenza del narratore e devo dire che li trovo bellissimi messaggi da condividere e riportare a ogni giovane (o non giovane) lettore!

Questo libro è uno spaccato del concetto di immigrazione clandestina, che mira a cercare la tranquillità che non si può vivere in certi paesi. In un periodo storico come questo, in cui l’immigrazione è vista in tono ampliamente dispregiativo e sprezzante. Questo è amore per la vita e per la famiglia, amore per il futuro, sacrificio, sudore e ambizione.

In conclusione ve lo consiglio molto vivamente!

Caterina

Paura e tristezza – C. Cassola

Hey readers,

oggi vi porto la mia seconda lettura di Carlo Cassola (la prima è stata La ragazza di Bube), un autore che apprezzo molto e in cui rivedo molto il paesaggio in cui vivo.

“Paura e tristezza” ricostruisce la storia della vita di Anna. La nostra giovane protagonista è la figlia “bastarda” di una determinata e combattiva madre nubile, vive tutta la vita nella costante assenza di una figura maschile che dia sostegno e risorse economiche. La sua infanzia trascorre in disparte rispetto alla vita della Badia, la madre, spaventata che la figlia possa cadere nello stesso ingiusto destino, la tiene lontana dai maschi e dalle cattive amicizie. L’unica attività che tiene viva Anna è il lavoro nella fattoria della Zia Ersilia; lì conosce Alvise, un profugo veneto che lavora a giornate nei campi con lei e che sarà il suo primo amore. Questo è senza alcun dubbio l’unico periodo felice che l’autore ci racconta, Anna, infatti, vive bene la beatitudine del periodo giovanile ed è felice di stare lontana dalle responsabilità e dalle complicazioni della vita sentimentale e delle scelte adulte. Crescendo si reca a servizio a Volterra in casa della contessa Lastrucci-Giorgi, dove, alla morte della madre, troverà una nuova figura materna, Gemma, che lavora con lei. A questo punto, ormai proiettata nella vita cittadina non le resterà che scegliere – volontariamente o meno – il proprio futuro e, soprattutto, in quale fascia sociale questo si consumerà…

Si tratta di un libro molto bello: ritroviamo le vaste capacità descrittive di Cassola, che, attraverso la sua penna, riesce a riportare il lettore indietro nel tempo, in una realtà molto diversa da quella odierna, ma così ben descritta da essere visibile, immaginabile e comprensibile a chiunque.

La nostra protagonista è un personaggio forgiato dalle difficoltà, ha una grande morale e sin da piccola dimostra grande maturità. E’, al contempo, un personaggio triste su cui si abbattono sempre nuovi problemi a cui far fronte, senza avere mai spazio per un momento di vera felicità.

In conclusione, cercando di non fare spoiler, mi sento molto convinta di condividere con voi questo libro e vi invito a procurarvene una copia, non è uno dei suoi titoli più famosi, ma è altrettanto affascinante e coinvolgente, soprattutto se siete amanti della letteratura che riesce a portarvi dentro un’altra epoca.

Caterina

Il grande Gatsby – F. S. Fitzgerald

Hey readers,

oggi vi porto un grande classico moderno di cui non potevo fare a meno ancora per molto…

“Il grande Gatsby” ovvero l’età del jazz: luci, party, belle auto e vestiti da cocktail, ma dietro la tenerezza della notte si cela la sua oscurità, la sua durezza, il senso di solitudine con il quale può strangolare anche la vita più promettente. Il giovane Nick Carraway, voce narrante del romanzo, si trasferisce a New York nell’estate del 1922. Affitta una casa nella prestigiosa e sognante Long Island, brulicante di nuovi ricchi disperatamente impegnati a festeggiarsi a vicenda. Un vicino di casa colpisce Nick in modo particolare: si tratta di un misterioso Jay Gatsby, che abita in una casa smisurata e vistosa, riempiendola ogni sabato sera di invitati alle sue stravaganti feste. Eppure vive in una disperata solitudine e si innamorerà insensatamente della cugina sposata di Nick, Daisy… Il mito americano si decompone pagina dopo pagina, mantenendo tutto lo sfavillio di facciata ma mostrando anche il ventre molle della sua fragilità. Proprio come andava accadendo allo stesso Fitzgerald, ex casanova ed ex alcolizzato alle prese con il mistero di un’esistenza ormai votata alla dissoluzione finale.

La caratteristica principale della stesura dell’opera è quella di essere immensamente descrittiva e dettagliata. Gran parte della narrazione, soprattutto nella parte iniziale, si concentra sul descrivere un ambiente lontano dal lettore, uno spazio che sembra fuori dal tempo e dallo spazio, un’epoca sfavillante, al limite del reale. Leggendo si riesce ad immaginare e vedere quello che accade – anche se un film riuscirebbe ad incarnare a pieno questa “aria irreale e magica”.

Devo dire che è immensamente interessante assistere alla distruzione di un personaggio, a come questo nasca dal niente e nel niente finisca, totalmente abbandonato da chi doveva volergli bene. Ci tengo a citare una mia vecchia lettura Lo scrittore solitario“, un romanzo emergente e innovativo che trae grande ispirazione da questo testo.

Nel complesso si tratta di un classico maestoso che incarna un’epoca lontana, travolta dal denaro e dalle apparenze, ma al contempo priva dimorale e interesse reale per le persone. Ma, dal mio punto di vista personale, non ha fatto per nulla per me, quindi non ha fatto molto breccia nel mio cuore…

Caterina