Il malinteso – I. Némirovsky

Hey readers,

Ritorno sui vostri schermi parlandovi di un libro che mi è stato regalato e che sono davvero felice di aver letto; Irene Némirovsky è un’autrice di cui da molto tempo desideravo leggere qualcosa….

“Il malinteso” è un romanzo breve, ma intenso. “L’amore, mia cara, è un sentimento di lusso!”: questo cerca di spiegare una madre che ha molto vissuto (e che dalla vita ha imparato una grande lezione: “Dare pochissimo e pretendere ancora meno”) alla figlia innamorata e infelice. Ma lei, Denise, non lo capisce: quando suo marito glielo ha presentato sulla spiaggia di Hendaye, Yves le è apparso come un giovanotto elegante, raffinato, di bell’aspetto; e poiché alloggiava nel suo stesso albergo, ha creduto che fosse ricco quanto l’uomo che ha sposato, e a cui la lega un affetto tiepido e un po’ annoiato. Poi il marito è stato richiamato a Londra da affari urgenti, e quelle giornate di settembre “piene e dorate ” sono state come un sogno: la scoperta della reciproca attrazione, le passeggiate, le notti d’amore. Il ritorno a Parigi ha significato anche un brusco ritorno alla realtà: no, Yves non è ricco, tornato dal fronte si è reso conto di aver perduto tutto, ed è stato costretto (lui, cresciuto in un mondo in cui “c’erano ancora persone che potevano permettersi di non fare niente”) a trovare un impiego che lo avvilisce e lo mortifica. In questa cronaca di un amore sghembo, in cui si fronteggiano due inconsapevoli egoismi, la giovanissima Irène Némirovsky sfodera già il suo sguardo acuminato e una perfetta padronanza della tecnica narrativa.

Questo libro è stato quello che definirei il libro giusto al momento giusto… mi sono ritrovata molto nelle parole e nella narrazione di Irène.

Ho trovato questa storia immensamente realistica e attuale: pur essendo ambientata in epoca passata una tematica come un “amore difficile” legato a un adulterio è ancora oggi molto comune, i matrimoni di interesse non sono completamente scomparsi e, anche quelli più stabili, possono andare in crisi davanti a un vero grande e sconvolgente amore.

E’ interessante la doppia visione che possiamo cogliere, l’autrice infatti non si focalizza sul punto di vista di uno solo degli amanti, ma bensì tratta la storia come un alternarsi dei loro punti di vista. E’ interessante come sia riuscita a empatizzare a tal punto con due personaggi diametralmente opposti che al contempo hanno così tanto in comune.

ALLERTA SPOILER: ho trovato il finale struggente perchè, proprio come dice il titolo, la rottura di questo grande sentimento è da imputare a un malinteso, o meglio, a una serie di incomprensioni e differenze che caratterizzano la vita dei due amanti e culminano nella loro triste separazione. Mi ha molto colpita l’ultima pagina in cui la protagonista femminile realizza di essere stata felice per mesi senza essersene mai resa conto (l’ho trovata maledettamente toccante e condivisibile).

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La strega e il capitano | L. Sciascia

Hey readers,

dopo un considerevole blocco del lettore torno sui vostri schermi parlano di uno dei miei autori preferiti, ossia Sciascia!

“La strega e il capitano” è un romanzo breve di Leonardo Sciascia. Inizialmente apparso a puntate sul Corriere della Sera, fu poi raccolto in volume e pubblicato da Adelphi. Sciascia ricostruisce la vicenda di Caterina Medici, condannata al rogo nel 1617 per stregoneria, il cui processo viene citato da Alessandro Manzoni ne I promessi sposi e in Storia della colonna infame. La storia inizia nel dicembre 1616 quando Luigi Melzi, senatore del Ducato di Milano, comincia ad accusare forti dolori allo stomaco che i suoi medici non riescono a guarire: si comincia pertanto a pensare che il senatore sia soggetto al maleficio di una strega. Il capitan Vacallo, amico del Melzi, accusa subito la serva Caterina, che prima di trovarsi a servizio dal senatore era cameriera in casa sua; Sciascia ne approfitta per sciogliere un equivoco in cui molti autori (Manzoni compreso) sono caduti: dalle carte del processo risulterebbe che, secondo il Vacallo, Caterina lo aveva sedotto con le proprie arti magiche per giacere con lui e concepire ben due figli; in realtà le serve del Vacallo di nome Caterina erano due, una più vecchia (la Medici) e una più giovane, con la quale il capitano avrebbe avuto due figli prima di allontanarla. Il Vacallo, però, accusa Caterina Medici di aver insegnato all’altra le arti stregonesche allo scopo di sedurlo.

Questo testo, che a mio parere rientra nel genere del saggio, mi ha attratta sin da subito per le sue tematiche. Ritengo che sia importante conoscere quelli che sono i fatti legati alle “accuse di stregoneria” dei secoli passati perché è importante a livello antropologico capire quali erano i fattori scatenanti che portavano le persone ad accusare una donna di compiere atti magici-malefici aiutata dal diavolo. Nel caso di Caterina, infatti, non erano molto fondati, oltre all’errore di persona che Sciascia riesce a dimostrare (portando giustizia in nome della condannata) abbiamo le torture e la necessità di accondiscendere gli inquisitori come unica vera prova di “reato”.

Questa vicenda mi ha ricordato molto “La Chimera”, il libro di Sebastiano Vassalli di cui abbiamo parlato l’anno scorso. Mi tocca sempre molto quello che lo stigma sociale che porta all’accusa.

Mi ha interessata molto anche tutto l’intreccio e lo scambio di persona, un aspetto caratteristico del libro che Sciascia riesce finalmente a spiegare dimostrando ulteriormente l’ingiustizia di cui è vittima Caterina Medici.

L’unica nota negativa che mi sento di sottolineare è che non è una lettura facilissima. Sciascia ha solitamente una prosa molto scorrevole e di facile comprensione, ma date le molteplici citazioni riportate letteralmente e la complessità stessa delle tematiche trattate, non mi sento di consigliarlo a tutti. Nel complesso, se siete disposti a fare un po’ di fatica nel seguire le dinamiche, è un testo che merita attenzione!

– Caterina

Memè Scianca | R. Calasso

Hey readers,

oggi parliamo di uno dei libri più chiacchierati dell’ultimo periodo!

“Memè Scianca” è un percorso di vita tra le grandi personalità del ‘900. Un padre racconta ai figli, che glielo hanno chiesto, quello che ricorda dei suoi primi dodici anni, di cui loro non sanno quasi nulla. Storie troppo remote, pensa. Che differenza poteva esserci, in fondo, ai loro occhi, fra Firenze durante la guerra, dove era cresciuto, e per esempio la steppa dell’Oltre caucaso di Florenskij, alla fine dell’Ottocento? Non molta. Apparteneva tutto a quell’età incerta e fumosa che precedeva la loro nascita. E poi, da dove cominciare? La prima immagine della guerra, intravista dalla finestra di una soffitta clandestina nel centro di Firenze. La vecchia villa di San Domenico, dove un mattino, a seguito dell’assassinio di Giovanni Gentile, suo padre viene arrestato come pericoloso antifascista. Il polverio che sale dalle macerie di Por Santa Maria, subito dopo che i tedeschi hanno fatto saltare i ponti. Poi i giochi – e i libri che impercettibilmente ne prendono il posto. L’immersione nella letteratura e la scoperta della musica. E Firenze, quella Firenze degli anni subito dopo la guerra, separata da tutto, anche dal resto dell’Italia. Una lastra impenetrabile e trasparente confermava quella convinzione della città di essere a parte. E un giorno, forse anche prima di saper leggere, chi scrive dichiara che il suo vero nome è Memè Scianca.

Questo libro, insieme a Bobi, è stato l’ultimo tributo lasciato dall’autore al mondo della letteratura. I due testi sono usciti, infatti, il giorno successivo a quello in cui questo nobile autore ci ha lasciati. Ci tengo a precisare che dal degno lavoro di quest’uomo nacque anche la grande casa editrice Adelphi (come sapete una delle mie preferite).

Leggendo queste pagine è facile dedurre come l’autore sia diventato la persona che tutti noi conosciamo, come sia cresciuto in un ambiente intriso di cultura, ma soprattutto di ideali. E’ proprio l’esempio di ideali di libertà che sin da bambino apprende da tutti gli adulti che lo circondano che hanno forgiato una personalità così di spicco.

Sarò sincera, il fatto che l’autore abbia trascorso l’infanzia nella mia amata Firenze è stato il principale motore che mi ha indirizzata a scegliere questo volume anziché altri sullo stesso scaffale (ossia la top 10 della Feltrinelli). Io sono un’amante di Firenze, a dirla tutta sono completamente innamorata di questa città e in questo libro, oltre ai tributi architettonici, ho trovato molti accenni a persone, movimenti culturali, letteralmente all’aria che hanno caratterizzato questa città. Se posso dare un consiglio spassionato vi invito a leggervene qualche passaggio recandovi nei luoghi a cui fa riferimento… così questo racconto sembrerà ancora più reale!

Traendo delle conclusioni ve lo consiglio assolutamente e magari prossimamente recupererò Bobi o qualsiasi altro suo scritto e ci troveremo ancora su questo link a parlarne!

Caterina

Nudi e crudi | A. Bennett

Hey readers,

oggi parliamo della mia prima lettura di Alan Bennett, un altro grande autore di cui ho fatto conoscenza grazie a ReadVlogRepeat!

“Nudi e Crudi” è un romanzo che colpisce. Trovare la casa svaligiata dai ladri è senza dubbio un evento sinistro. Ma se spariscono anche la moquette, il rotolo della carta igienica, il forno e l’arrosto che attendeva lo scatto del timer, è palese che non può trattarsi di un semplice furto. E l’allibita vittima – in questo caso un avvocato londinese agiato e pedante – ha tutto il diritto di pensare a una beffa del destino, o a una nuova formula, certo piuttosto radicale, di candid camera. Travolti da una realtà truce e demenziale, l’avvocato e la sua spenta consorte si trovano ad affrontare un rompicapo di comica suspense, dal quale schizzano fuori, come da una scatola a sorpresa, colpi di scena turbinosi. Questo racconto suscita una reazione pressoché unica nella letteratura degli ultimi anni: una ilarità che assale sin dalle prime righe – e quanto più si procede, tanto più essa si mescola con la percezione di una inquietante perfidia.

Questo è senza ombra di dubbio un libro perfetto per riflettere ampiamente sull’eccessiva necessità di beni materiali su cui si basa la nostra società, quando i protagonisti si ritrovano nell’appartamento vuoto riscoprono quali sono le loro effettive necessità ed acquistano un mobilio più semplice. Inoltre possiamo anche soffermarci sul cambiamento che gli eventi scatenano o meno nei personaggi e come queste influiscano successivamente sulle loro vite.

L’umorismo con cui si condisce la storia ha delle note abbastanza amare, è un umorismo all’inglese – non sempre facile da capire, ma abbastanza intrigante!

Trovo che la scelta dei personaggi; ossia una coppia abbastanza infelice che non ha mia sviluppato un vero e proprio legame, sia una critica velata mossa verso quella parte della società inglese. Soprattutto Mr Ransome è il classico uomo distaccato che nutre la propria esistenza unicamente di lavoro, che si mostra ostile verso le nuove invenzioni e verso la novità in generale, un uomo incapace di integrarsi realmente col mondo, congelato nelle proprie abitudini.

Caterina

Ritorno in Patagonia |B. Chatwin & P. Theroux

Hey readers,

Oggi parliamo di una lettura super super breve, ma che vi farà viaggiare lontanissimo.

“Ritorno in Patagonia” è un intenso libro a quattro mani. Melville usò l’aggettivo «patagonia» per indicare qualcosa di totalmente esotico, mostruoso e pericolosamente attraente. Un’attrazione che agì anche sul giovane Bruce Chatwin. Fin dall’età di tre anni la Patagonia gli apparve come la Terra delle meraviglie. Poi dall’esperienza nacque In Patagonia, il più bel libro di viaggi dei nostri anni. Qualche tempo dopo, un altro illustre scrittore di viaggi, Paul Theroux, pubblicava un affascinante libro su quella terra, The Old Patagonian Express. Infine, nel 1985, Chatwin e Theroux composero, in una storia di contrappunto a due voci, questo delizioso libretto, dove entrambi tornano sulle tracce della loro passione nonché delle voci e delle storie disparate che sono connesse a quella terra. Sia Chatwin sia Theroux appartengono a quella stirpe di viaggiatori che «un’associazione o un riferimento letterario possono entusiasmare quanto una pianta o un animale raro». Perciò il loro dialogo non può che essere personalissimo ed erudito, esposto all’esperienza bruta del viaggio ma anche pronto a captare ogni segnale che giunga dal passato per ricomporre ancora più screziata, l’immagine di quella terra dai tanti misteri, veri e fantasticati.

Trovo immensamente affascinanti le citazioni e gli accenni letterari che caratterizzano gran parte della lettura. È interessante come si trovino riferimenti di vario spessore e più o meno specifici, ad esempio Dante e Darwin.

I cenni storici sono molteplici e ci imbattiamo spesso nelle più grandi personalità del periodo coloniale, passando dagli esploratori ai re e alle regine che sovvenzionavano le spedizioni.

A livello geografico ci viene fatta un’ampia panoramica che comprende le caratteristiche del territorio e del mare. La Patagonia è da sempre definita come il punto più estremo verso cui puntare e la sua conformazione accentua queste caratteristiche. Ho apprezzato anche gli excursus su dinosauri e fossili vari.

Caterina

Il rogo di Berlino | H. Schneider.

Hey readers,

oggi vi porto una biografia davvero travolgente…

“Il rogo di Berlino” si apre a Vienna nel 1971. Una giovane donna, Helga, ritrova la madre che nell’autunno del 1941 l’aveva abbandonata a Berlino insieme al fratello neonato Peter, per arruolarsi nelle SS. La madre di Helga è sempre più convinta delle sue idee e si rivela essere nostalgica del periodo in cui faceva la guardiana nel campo di concentramento di Birkenau. Come la madre non l’ha voluta all’epoca, questa volta è Helga che decide di non volere più sua madre e si allontana. La narrazione si sposta a Berlino, nel 1942. Helga racconta, a cinquant’anni di distanza, la sua infanzia passata nella guerra. Privata dell’affetto dei genitori, Helga ha solamente il nonno Opa, che la adora e le fa vivere quei giorni come un’avventura, alla ricerca ossessiva del cibo e dell’acqua come se fosse un gioco. La sua storia, contemporanea a quella della Germania devastata dalla guerra e dal Nazismo, si affianca a quella del Terzo Reich.

Ho letto molto nell’ambito della Seconda Guerra Mondiale sia dal punto di vista italiano che straniero, ho letto di lagher e partigiani; ma questa è la prima volta che affronto l’argomento dalla prospettiva della popolazione berlinese, una delle più colpite dalla guerra, dilaniata durante il conflitto e assoggettata anche dopo la fine della guerra. Sono certa che sia per questo motivo che ho trovato la storia di Helga immensamente interessante e struggente!

Ad aggravare la posizione della bambina alla guerra si aggiungono la fame e la paura, la mancanza di affetto e la “perdita (se così può essere definita)” di entrambe le figure genitoriali. L’abbandono della madre mi ha colpita però la freddezza e il distacco che, anche dopo anni, permane nella donna; una donna interessata unicamente al nazismo, totalmente disinteressata verso i due figli piccoli. Il padre, pur non avendo direttamente lasciato la propria famiglia, nella maggior parte del libro si trova al fronte, fa ritorno solo per sposare l’odiosa matrigna; Helga trascorre con lui del tempo alla fine della guerra, ma non riuscirà mai ad instaurarvi un vero rapporto.

In conclusione mi sento di consigliare assolutamente questo testo, soprattutto ai più giovani. E’ importante toccare con mano l’orrore chela guerra può causare perché possa imprimere nella mente di tutti cosa quest’ultima può causare. Una lettura che apre gli occhi e scalda il cuore!

Caterina

La mia famiglia e altri animali | G. Durrell

Hey readers,

oggi vi porto un romanzo davvero stravagante… doveva essere un diario “scientifico” ed è diventato una storia di famiglia!

“La mia famiglia e altri animali” è la storia dei cinque anni che ho trascorso da ragazzo, con la mia famiglia, nell’isola greca di Corfù. In origine doveva essere un resoconto blandamente nostalgico della storia naturale dell’isola, ma ho commesso il grave errore di infilare la mia famiglia nel primo capitolo del libro. Non appena si sono trovati sulla pagina non ne hanno più voluto sapere di levarsi di torno, e hanno persino invitato i vari amici a dividere i capitoli con loro»: così Gerald Durrell presenta questo libro, uno dei più universalmente amati che siano apparsi in Inghilterra negli ultimi trent’anni. Ma il lettore avrà il piacere di scoprirvi anche qualcos’altro: la storia di un Paradiso Terrestre, e di un ragazzo che vi scorrazza instancabile, curioso di scoprire la vita (che per lui, futuro illustre zoologo, è soprattutto la natura e gli animali), passando anche attraverso avventure, tensioni, turbamenti, tutti però stemperati in una atmosfera di tale felicità che il lettore ne viene fin dalle prime pagine contagiato.

Questo libro mi è piaciuto soprattutto per la suggestiva narrazione familiare, mentre la parte naturalistica non mi ha troppo entusiasmata. Ci tengo a precisare che le conoscenze dell’autore sulla fauna di Corfù è interessante e molto dettagliata, ma (semplicemente per un mio gusto personale) i Durrell sono stravaganti e divertenti.

E’ interessante l’evoluzione della storia dalla partenza al ritorno (spero non si tratti propriamente di uno spoiler) perchè è come se noi che leggiamo prendessimo parte all’Odissea familiare, fossimo dentro la storia leggendo e vedendo tutto quello che ci viene narrato, rende la lettura reale!

Per quanto riguarda i personaggi posso solo dirvi che hanno dell’incredibile: così come ci vengono raccontati sembrano frutto di una fantasia molto bizzarra e fuori dal tempo, ma trattandosi di un romanzo autobiografico non mi resta che trovarli assurdi e immaginare come sarebbe stato vederli dal vivo.

Indubbiamente posso consigliarvelo se desiderate un romanzo coinvolgente, ma non troppo impegnativo, un storia bella che non risulta pesante; ci tengo a precisare che per apprezzarlo al massimo dovete avere anche un interesse per la fauna di questa sperduta isola greca.

Caterina

Una storia semplice | L. Sciascia

Hey readers,

oggi vi porto un nuovo libro di Sciascia, un autore che apprezzo sempre molto!!! [vi lascio linkato qui l’altro articolo di Sciascia presente sul blog – Alfabeto Pirandelliano]

“Una storia semplice” si apre la sera prima della Festa di San Giuseppe (una festività molto sentita che prevede un vero e proprio giorno di festa). La stazione di polizia riceve un’insolita telefonata dalla residenza di un noto diplomatico residente all’estero da molto tempo; la persona dall’altro capo del telefono dichiara di “aver trovato qualcosa”. Il commissario, abbastanza sorpreso, dice al brigadiere che si tratta sicuramente di uno scherzo e che non deve preoccuparsi di andare a controllare. Tuttavia il brigadiere si reca comunque a dare un’occhiata nella villetta diroccata e lì, riverso su una scrivania, trova il corpo del diplomatico colpito alla tempia da un colpo d’arma da fuoco. Dispone subito che non si tocchi niente e che venga chiamata immediatamente la scientifica e le varie unità d’indagine; nonostante tutto appaia come un banale suicidio sembra molto dubbio il biglietto “Ho trovato” rinvenuto accanto al corpo. L’arma utilizzata sembra una vecchia pistola di guerra e tutte le informazioni rinvenute sulla scena del delitto danno un’idea molto chiara a tutti coloro che la vedono, portandoli a un’ovvia conclusione che solo il brigadiere si sentirà di mettere in dubbio sin dall’inizio…

Ho trovato immensamente interessante che il romanzo si ispiri a una storia vera, ossia il furto della Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi di Caravaggio risalente al 1969 e tutt’ora mai rinvenuta. Tra l’altro, se posso darvi un’ulteriore informazione, nel 1991 con regia e sceneggiatura di Emidio Greco è stato realizzato un omonimo film e successivamente si è ispirata nel 2018 la sceneggiatura del film Una storia senza nome.

Tutta la narrazione non si incentra sulla risoluzione del caso se non secondariamente, la vera argomentazione e critica mossa dall’autore è quella alla situazione di forte corruzione della polizia nella sua terra d’origine, ossia la Sicilia. In un certo senso è un riferimento a tutti i casi che si sono susseguiti nel tempo, a tutte le volte che sono state insabbiate, corrotte e manipolate indagini, soprattutto ai danno di innocenti.

Trovo che questo testo sia una rappresentazione breve ma immensamente chiara della Mafia e di come questa si propaghi e si dirami in tutte le sfaccettature della società, anche in quelle insospettabili. Il tutto nascosto sotto il velo dell’indifferenza e del completo e totale disinteresse di tutti coloro che non si sentono toccati in prima persona da quanto accade attorno a loro.

Caterina

Simposio | Platone

Hey readers,

oggi vi porto la mia seconda lettura filosofica di Platone (la prima la trovate linkata qui e si tratta dell’Apologia di Socrate). Con questo testo partecipo alla settima tappa del #gdldeibuonipropositi organizzato da @senzacensurabooks che consiste in un libro che avevi paura di iniziare (ps. mi sono persa la sesta tappa mea culpa!)

Il Simposio è il più conosciuto dei dialoghi di Platone. In particolare, si differenzia dagli altri scritti per la sua struttura, che si articola non tanto in un dialogo, quanto nelle varie parti di un agone oratorio, in cui ciascuno degli interlocutori, scelti tra il fiore degli intellettuali ateniesi, espone con un ampio discorso la propria teoria su Eros (“Amore”). La cornice in cui si inseriscono i vari interventi è rappresentata dal banchetto, offerto dal poeta tragico Agatone per festeggiare la sua vittoria negli agoni delle Lenee. Fra gli invitati, oltre a Socrate e al suo discepolo Aristodemo, troviamo il medico Erissimaco, il commediografo Aristofane, Pausania l’amante di Agatone e il suo amico Fedro, figlio di Pitocle ed esperto di retorica: ognuno di loro, su invito di Erissimaco, terrà un discorso che ha per oggetto un elogio di Eros. Verso la fine, fa una clamorosa irruzione anche Alcibiade, completamente ubriaco, incoronato di edera e di viole, accompagnato dal suo komos, che si presenta per festeggiare Agatone, e che viene accolto con cordialità.

Sarò sincera, non è stata una lettura facilissima (soprattutto perchè in questo periodo fatico non poco a concentrarmi), ma quando sono riuscita ad entrare nell’ottica platonica me ne sono follemente innamorata! La mia parte preferita sono sicuramente i miti perchè, dopo averli fatti a scuola è stato bello leggerli per intero, nello specifico il Mito degli Androgini; mentre come visione quella che mi ha smosso di più il cuore è stata quella di Pausania. Piccole precisazioni: il Mito degli Androgini parla del concetto di anima gemella e di completezza umana per mezzo dell’amore e il discorso di Pausania riguarda la nobiltà d’animo che deriva dall’amore e le varie tipologie in cui questo può manifestarsi.

E’ interessante anche tutto l’aspetto delle cornici su vari piani che sono utilizzate come “scuse” narrative per impostare una serie di pensieri sull’amore ed è altrettanto interessante la scelta della lode al Dio Eros come figura che generalmente veniva ignorata o minimizzata.

Se siete particolarmente interessati al periodo storico contemporaneo a Platone potete leggere moltissimi usi e costumi che fanno da sfondo ai vari pensieri; la stessa cosa vale anche per i personaggi, infatti, soprattutto su Socrate potete trovare moltissimi cenni biografici che vi aiutano a comprendere questo enigmatico filosofo.

Vi consiglio vivamente di perdervi in questo breve testo antichissimo, ma immensamente attuale. La cosa meravigliosa di questa lettura è che le considerazioni mosse dai vari personaggi nella maggior parte dei casi sono attualizzabili nel nostro tempo e talvolta, sono idee che ancora oggi persistono. Mi sembra un esempio perfetto di testo del passato che ci aiuta a capire il presente.

Caterina

Sender Prager | I. J. Singer

Hey readers,

oggi vi parlo di una delle letture più veloci che abbia mai fatto (un oretta vi basta per completare il libro), ma davvero molto molto interessante!

“Sender Prager” si apre con la descrizione del ristorante kosher Praga nel bel mezzo delle preparazioni per il matrimonio del padrone. Sender Prager è uno scapolo (che possiamo definire in età avanzata) ambito da moltissime donne: tutte le sue cuoche e cameriere hanno avuto di trascorsi col capo, illudendosi di essere le fortunate che sarebbero passate dalla cucina alla cassa con un bell’anello al dito, addirittura le donne sposate o vedove del quartiere hanno desiderato di diventare le signore Prager ammaliate dagli occhi di Sender. Il nostro ristoratore ha deciso di organizzare un pranzo gratuito per tutti i vagabondi della zona in onore delle sue nozze per espiare una parte die suoi peccati portati avanti in anni e anni di relazioni clandestine e tradimenti vari. Il suo rabbino ha infatti trovato per lui una giovane di buona famiglia e di un “rango” superiore al suo, mettendolo in una situazione di forte soggezione verso tutti gli illustri e imbellettati familiari di lei. La scelta di questo matrimonio è mosso da due particolari aspetti della vita die novelli sposi: Prager non ha nessuna fiducia nelle donne (sapendo bene quanto facile sia dimostrare la loro impurezza), accetta perciò, la novella sposa raccontatagli come una pura e pia giovane dai grandi valori; Edye (la fidanzata) acconsente a sposare un uomo inferiore a lei essendo orfana e priva di risorse economiche. Come si rivelerà questa “perfetta” unione?

Questo libro è breve, ma molto interessante per capire la società ebraica negli anni ’40. Sottolinea quanto gli usi e costumi siano importanti e prevalgano rispetto a l’onestà. Lo stesso Sender, pur non essendo un santo, prova una grandissima insicurezza davanti agli altri membri della società molto più religiosi (e smorfiosi) di lui.

Ho apprezzato molto la scrittura perché si dimostra immediata, veloce e coinvolgente, sembra incredibile ma riesce completamente a risucchiarti nella lettura e incanalarti in quella che è una storia relativamente lontana nel tempo e nello spazio, che appare tremendamente vicina.

Caterina